Con Marco Mancini
I popoli italici detti Osco-Umbri (o Umbro-Sabelli) per le loro lingue scesero in Italia tra il X e l’VIII secolo a.C. L’osco, la lingua dei Sanniti o Sabelli, si diffuse nel Sannio, un’ampia zona con centro in Molise, ma che si estendeva in Abruzzo e Campania. L’umbro si parlava, invece, nella valle dell’alto Tevere.
Alcuni storici considerano Italici anche i Latino-Siculi, stanziati in Italia centro-meridionale e in Sicilia dal III millennio a.C., che praticavano l’inumazione dei morti, cioè li seppellivano in fosse, e parlavano dialetti di una lingua comune. Tra questi il più importante fu il latino, che diventò la lingua dei Romani. Gli Osco-Umbri si distribuirono nell’Italia centro-meridionale.
Gli Italici migravano frequentemente, quando la popolazione aumentava e le risorse non erano sufficienti per il suo sostentamento. Gli spostamenti seguivano talvolta rituali religiosi, come quello del Ver sacrum (“primavera sacra”): in primavera, dopo avere compiuto sacrifici rituali, i giovani migravano in cerca di nuove terre. A volte seguivano gli spostamenti di un animale sacro. Secondo la tradizione, il Piceno fu raggiunto dagli Umbri Picenti che seguivano il volo di un picchio (in latino picus), che era una loro divinità.
I popoli italici furono progressivamente sottomessi dall’emergente potenza romana. Furono sconfitti uno dopo l’altro e costretti ad allearsi o a sottomettersi a Roma. I primi furono i Latini e gli altri popoli del Lazio (gli Equi, sconfitti da Cincinnato, e i Volsci, battuti da Coriolano), assorbiti dallo Stato romano nel V secolo a.C.; poi fu la volta dei Sanniti con le tre guerre sannitiche (IV -III secolo a.C.); quindi i Bruzi, i Sabini e gli Umbri (III secolo a.C.). Ai tempi delle guerre puniche (III-II secolo a.C.) pressoché tutti gli Italici erano federati dei Romani.